Si pensa che la coltivazione della vite e la vinificazione fossero portate in Sicilia occidentale dai fenici fra il VIII e il VII secolo a.C.[senza fonte], sebbene la scoperta di residui organici individuati in alcune giare dell’età del rame nei siti preistorici di monte Kronio (Sciacca) e Sant’Ippolito (Caltagirone) abbia indotto a ritenere la produzione di vino in Sicilia, tra le più antiche attestate al mondo, risalente ad almeno 6 000 anni fa[1][2][3].
Nella Sicilia orientale la vitivinicoltura si diffuse sin dall’epoca della colonizzazione greca (VII-VI sec. a.C.) con il tradizionale sistema detto ad “alberello”.
La nascita del marsala come vino liquoroso è incentrata sulla figura del commerciante inglese John Woodhouse che nel 1773 approdò con la nave su cui viaggiava nel porto di Marsala e lì utilizzò il metodo soleras al vino di quella zona. Il Marsala è stato il primo vino DOC della storia vinicola italiana[4].
Alla fine degli anni ’50 la Regione Siciliana diede vita alle cantine sociali, che raccolsero i piccoli produttori vitivinicoli in cooperative, delle quali oggi restano la cantina Settesoli di Menfi e la Cantina sociale di Trapani. Dopo che per decenni il vino siciliano è stato utilizzato come vino da taglio per i vini francesi e piemontesi, per la forte gradazione alcolica, a partire dagli anni ’70 l’affinarsi delle tecniche di vinificazione ha portato all’istituzione di numerosi vini a denominazione d’origine controllata. La sola provincia di Trapani produce il 10 % del vino italiano anche se solo il 20% del vino viene etichettato.
Oggi la produzione in Sicilia ammonta a milioni di ettolitri grazie a circa 110 mila ettari di vigneti[5].
Nel 2011 è stata riconosciuta la DOC per il vino siciliano prodotto nell’intero territorio amministrativo della regione.